La battaglia di Santa Lucia

IMPORTANZA STRATEGICA DEL TERRITORIO

Il territorio veronese era un punto strategico di straordinaria importanza, poiché costituiva il collegamento est-ovest della pianura padana, quindi il connettivo dei centri agricoli industriali italiani con l’oltralpe. Erano ancora sfruttate, seppur rinnovate, le antiche strade romane come Gallica, Claudia, Augusta e Postumia. Il valico più importante era il Tarvisio, alternato a volte dal Brennero. Il Garda e l’Adige costituivano le vie fluviali fondamentali tra la regione padana e quella alpina.


LE CAMPAGNE NAPOLEONICHE

Il Veneto divenne il terreno di lotta delle campagne d’Italia fra il 1796 e il 1805. Napoleone, infatti, tra il 1796 e il 1797, attraversò il Mincio a Borghetto, occupò Peschiera, Verona, Legnago e la Val d’Adige. Presa Vicenza, riuscì ad isolare gli Austriaci nella madre patria e a sgombrare la strada del Friuli e il passo del Tarvisio; marciò quindi su Vienna.

Le vicende belliche che videro vincitori i francesi evidenziarono la fragilità del sistema difensivo della zona. Gli austriaci vennero sconfitti anche a causa della difficoltà di comunicazione fra l’esercito stanziato in zone italiane e la madrepatria, potendo disporre solo del passo del Tarvisio, non della più efficiente via del Tirolo (Val d’Adige). Questi avvenimenti condizioneranno le successive scelte strategiche degli austriaci, che porteranno al rafforzamento difensivo di Verona e alla realizzazione del Quadrilatero.

LE CAMPAGNE RISORGIMENTALI

In seguito alla Restaurazione avvenuta con il Congresso di Vienna nel 1814-15, vennero ridisegnati i confini degli Stati europei. L’impero Austro-Ungarico aveva annesso il Lombardo-Veneto, sottomettendo quindi anche Verona. Nel 1848 si verificarono, un po’ in tutta Europa, insurrezioni contro i nuovi regimi. La maggior parte dei sovrani fu costretta a concedere costituzioni più liberali.

In Italia insorsero tra le altre Venezia e Milano. L’esercito austriaco, dopo la dura sconfitta da parte dei milanesi fu costretto a ritirarsi nel Quadrilatero. Incoraggiato dal successo il re piemontese Carlo Alberto dichiarò guerra all’Austria il 23 marzo dello stesso anno e organizzò un esercito per marciare contro il Quadrilatero. A S.Lucia, presso Verona, avvenne uno degli scontri principali. Alla lunga comunque gli austriaci ripresero l’iniziativa militare respingendo verso occidente i piemontesi fino alla loro sconfitta nella battaglia di Novara. Nel 1859 scoppiò la Seconda guerra d’Indipendenza, nella quale, grazie all’appoggio francese, il Piemonte ottenne la Lombardia.

Nel 1860, Giuseppe Garibaldi, con la spedizione dei Mille, riunificò l’Italia consegnando al re Vittorio Emanuele i territori dell’Italia meridionale. Mancava all’appello solo il Veneto, il quale venne riconquistato con la Terza guerra d’Indipendenza (1866) .


LA BATTAGLIA DI S. LUCIA

Dopo le Cinque giornate di Milano, Radetzky, comandante dell’esercito austriaco, fu costretto a indietreggiare verso il Quadrilatero, installando a Verona il quartier generale.

L’esercito piemontese dopo la vittoria di Pastrengo (30 aprile 1848), riuscì ad isolare Peschiera e a controllare le comunicazioni con l’Austria, ma a causa de incerte scelte strategiche del comando e di uno scarso coordinamento nel movimento delle truppe, non seppe sfruttare favorevolmente l’iniziale vantaggio acquisito sul campo contro gli austriaci.

La battaglia di S.Lucia, né rappresenta pur nel valore dimostrato dai soldati piemontesi, e riconosciuto dalle stesse cronache austriache, un esempio significativo.

Il comando piemontese intendeva operare una “esplorazione offensiva” verso la fortezza di Verona , il cui esito poteva ridursi ad una semplice dimostrazione di forza o provocare la reazione delle truppe austriache, le quali, uscendo dalla città, avrebbero facilitato l’eventuale insurrezione dei veronesi.

L’esercito piemontese era costituito da circa 50.000 uomini con 84 pezzi d’artiglieria mobile, cui si opponevano circa 33.000 soldati austriaci con 82 pezzi d’artiglieria mobile e 192 fissi posti a difesa della città.

La mattina del 6 maggio del 1848 l’esercito piemontese, sotto il comando del generale Bava, iniziò la manovra d’avvicinamento. Quattro colonne di truppe partirono da direzioni diverse che dovevano congiungersi presso il “rideau” (lo spalto naturale che da Chievo a San Massimo giungeva fino a S.Lucia) e che costituiva la linea di difesa avanzata austriaca della città.

A causa dello scarso coordinamento delle truppe le divisioni non riuscirono a congiungersi e la maggior parte delle forze si ritrovò per errore a S.Lucia. Qui si svolse la battaglia, in particolare concentrata nei pressi del cimitero di S.Lucia, dove era stanziato il comando dell’esercito austriaco, che resistette tenacemente.

In tarda mattinata arrivarono i rinforzi e Bava poté attaccare con successo, costringendo gli austriaci a ritirarsi in città lasciando S.Lucia in mano ai piemontesi. Se a questo punto Bava avesse attaccato più in profondità, probabilmente sarebbe riuscito ad interrompere i collegamenti di Verona con Trento e quindi

con l’Austria e ad ottenere la vittoria.

Ma gli insuccessi delle truppe piemontesi nell’attacco del borgo di San Massimo e presso la Croce Bianca e la mancata rivolta dei veronesi portarono il re Carlo Alberto a comandare la ritirata. Radetzky fece uscire le sue truppe da Verona e lanciò la controffensiva, qui ad una prima resistenza dei piemontesi segui una fuga disordinata, subendo numerose perdite (1.500 tra morti e feriti) e lasciarono S. Lucia in mano agli Austriaci.

Le ragioni della mancata sollevazione popolare dei veronesi nel 1848 contro gli austriaci, possono ricondursi a diversi fattori.

Gli Austriaci a Verona avevano creato nuovi posti di lavoro legati alla costruzione delle opere difensive, e alle attività economiche indotte. Portando cosi un certo benessere economico, pur gravato da numerose servitù militari che impedirono di fatto lo sviluppo di una economia civile. Col tempo tale benessere venne compromesso anche da una sempre più elevata tassazione per il mantenimento della macchina bellica, che dopo il 1859 divenne particolarmente oneroso.

Vi era inoltre a Verona un forte controllo militare con esplicita minaccia austriaca di bombardare la città in caso di rivolta a cui si contrapponeva solo un’incerta e debole azione dei patrioti veronesi.